I giovani tunisini sono tornati a ribellarsi alla corruzione dilagante nel paese. Tutto è partito dove l'Isis ha i maggiori insediamenti per il reclutamento nelle proprie file, approfittando della disperazione e della povertà.
By Marco Marano
"Lavoro, libertà, dignità nazionale. Il lavoro è un
diritto, banda di ladri". Sono questi i due slogan più ripetuti
sulle strade tunisine, dove ormai da giorni si è riaccesa la
ribellione giovanile, come accadde cinque anni or sono, quando partì
la primavera araba. Questa volta il fulcro delle proteste si chiama
Kasserine, una cittadina centro-occidentale del paese, una tra le più
povere e depresse. Scontri, barricate, sassaiole, copertoni bruciati,
lanci di lacrimogeni, le strade insomma trasformate in campi di
battaglia: oltre venti feriti tra le forze dell'ordine e una quindicina tra i rivoltosi. Ma come
cinque anni fa, la protesta si è diffusa a macchia d'olio in tutto
il paese: Sidi Bouzid, Regueb Siliana, Zaghouan, Sousse, Kairouan,
Kef, El Fahs, Thala, Feriana, Tunisi.
Ieri il primo morto tra le forze dell'ordine si è avuto a
Feriana, a cinquanta chilometri da Kasserine, rimasto imbottigliato
in un auto, presa d'assalto dai manifestanti. Da ieri è in vigore il
coprifuoco notturno, e la situazione sembra essere sfuggita dalle
mani del governo, che chiede ai media internazionali di non
ingigantire il fenomeno.
I motivi della rivolta sono praticamente i medesimi del 2011. La
Tunisia, dopo la primavera araba che defenestrò il dittatore Ben
Alì, ha condotto un processo di pacificazione indolore, avendo
superato la fase del governo islamico di Ennahada, con la
ricomposizione di un sistema politico democratico, unico esempio del
mondo arabo: tutte le altre enormi contraddizioni sono però rimaste
le stesse. Perché la triangolazione povertà-corruzione-soprusi
viaggiano sempre insieme, e chi ha vissuto in terre di mafia lo sa
bene. La Tunisia di oggi infatti continua a mantenere la stessa
triangolazione sociale di allora, che si sintetizza nel termine
“hogra”.
Il casus belli di questa rivolta ha le stesse sembianze di quella
di ieri, dove soprusi, favoritismi e privilegi all'interno del
sistema burocratico vanno a scontrarsi con un quadro generale
devastante che vede 700.000 giovani disoccupati di cui 250.000 tra
diplomati e laureati. Ridha Yahyaoui, era uno di questi, un ragazzo
di 28 anni, voglioso di costruirsi una vita senza precarietà, per
magari sposarsi e farsi una famiglia.
Aveva partecipato ad una sorta di bando del dipartimento regionale
dell'Istruzione a Kasserine, arrivato con le carte in regola alle
selezioni era stato preso. Poi però scopre che il suo nome viene
eliminato dalla lista dei reclutati, probabilmente per far posto a
quello che in Italia chiameremmo "un amico degli amici". E
allora, come fece cinque anni fa Mohamed Bouazizi, l'ambulante
vessato dalla polizia di Sidi Bouzid, che minacciando di darsi fuoco
a livello dimostrativo, rimase intrappolato dalle fiamme, anche Ridha
Yahyaoui ha inscenato una protesta durante un sit-in: si
aggrappa ad un palo della luce e rimane fulminato.
"Non possiamo sistemare le cose con una bacchetta magica",
sono state queste le parole ufficiali del governo tunisino, che ha
pure annunciato il licenziamento del dirigente della pubblica
amministrazione responsabile del sopruso ai danni del giovane, e una
serie di interventi tra cui il reclutamento di 6000 disoccupati a
Kasserine. Forse troppo poco per fermare una rivoluzione finalizzata
al rispetto dei diritti...
Ma c'è un altro aspetto su cui ragionare. La Tunisia è il paese,
insieme alla Libia, dove in assoluto l'Isis fa più proseliti. E
Kasserine, come altre zone centro occidentali, è l'area dove
maggiormente vi sono le attività di reclutamento, e se ne capisce la
ragione, dato che il sedicente Stato Islamico, parallelamente alla
brutalità, possiede uno stato sociale estremamente efficiente, a cui
molti giovani non riescono a dire di no. E' un gioco simile a quello
dei clan mafiosi nelle zone più depresse del meridione italiano.
L'aspetto però straordinario è che questa generazione di ragazzi
tunisini che è scesa nelle strade a lanciare sassi e fare barricate,
ha scelto di ribellarsi al sistema di potere mettendoci la faccia,
decidendo di tirare pietre ad un potere corrotto e non diventare
jihadista per mancanza di speranze...
Credit AFP
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