Kiev, Tunisi, Parigi: il movimento Femen nell’epoca delle crisi internazionali


 
Foto AFP
   
 
       Era il 2008 quando in Ucraina nacque Femen, un movimento di giovani donne con l’intento di scagliarsi contro la situazione di genere in Ucraina, dal turismo sessuale alla subalternità maschile. Anna Hustol, la fondatrice, fu spinta a denunciare, inizialmente, le condizioni di molte ragazze fatte arrivare con l’inganno in varie parti d’Europa, e costrette a prostituirsi. In quel periodo Lehman Brothers era già fallita e il mondo occidentale scopriva improvvisamente di essere imploso, dato che la crisi economica si era già diffusa come una epidemia. A Kiev, questo gruppo di ragazze iniziava a far parlare di se per il suo originale modo di protestare, esponendo i seni sui quali venivano scritti gli slogan della protesta. Erano, e sono, veri e propri raid, che il più delle volte lasciano di sorpresa organizzatori e sicurezza.


    Se la lotta al sessismo e alle discriminazioni sono i due cavalli di battaglia tematici, in brevissimo tempo, questo gruppo di ragazze, quasi tutte intorno ai vent’anni,  si è allargato al punto da diventare un movimento internazionale. Le loro azioni si sono svolte in molte città europee, all’interno di eventi organizzati: Mosca, dove hanno anche solidarizzato con le Pussy Riot, Davos, Zurigo, Milano, Parigi, Londra, Istanbul, Varsavia e persino Città del Vaticano, sia per manifestare a favore dei diritti degli omosessuali, che durante il conclave, presentandosi con la scritta sui seni "no more pope".


    Un network ucraino fece una inchiesta sul movimento Femen infiltrando una giornalista, da cui emerse un notevole giro di danaro per finanziare sedi e persone. Secondo la giornalista ucraina è presso la sede di Parigi che si svolgono dei training per i neofiti su come denudarsi in maniera eclatante. Il movimento, che nega ogni addebito legato a fantomatici finanziatori, ha intentato causa sia al  network che alla giornalista.


    Se volessimo individuare le situazioni dove il movimento, portatore di nuove istanze femministe, ha fatto un salto di qualità, queste potrebbero essere sintetizzate in tre eventi. Il primo riguarda le elezioni politiche del 2010, quando il movimento appoggiò la candidata, ex primo ministro Julija Tymošenko. Quello fu il momento in cui i servizi segreti ucraini s’interessarono alle ragazze di Femen, anche perché si fece di tutto per far perdere la Tymošenko, al punto che dopo lo svolgimento delle elezioni vinte, per una manciata di voti, da Viktor Fëdorovyč Janukovyč, un oligarca cresciuto all’ombra del Politburo sovietico, l’eroina della rivoluzione arancione venne incriminata per aver stipulato un contratto di fornitura del gas senza avvisare le gerarchie governative, insidiando le rendite di posizione dei potenti oligarchi ucraini. Condannata a sette anni di carcere, per abuso d’ufficio, e arrestata, la Corte Europea dei Diritto dell’Uomo ha dichiarato illegale la condanna e la carcerazione.


    Il secondo evento riguarda la storia di Amina Sboui, la ragazza tunisina che, sposando la causa Femen, ha messo in difficoltà, con i suoi seni nudi in giro per internet, il partito islamico di Ennahda, attualmente al potere che, avendo scelto di inserire nella nuova costituzione tunisina elementi della sharia, nel contesto di un paese che, a prescindere dalla rivoluzione araba e dal passato autocratico, ha un forte legame con il mondo laico, ha innescato un conflitto culturale, prima che politico, di cui Amina e le Femen, in qualche modo, ne sono state protagoniste. Sappiamo bene che in Tunisia il conflitto è soprattutto politico, poiché le frange estremiste dell’islamismo, cioè i salafiti, sono stati artefici di vari atti di violenza nei confronti delle opposizioni laiche, tra cui degli omicidi, per cui il contesto nel quale le azioni di Amina, tipiche di tutte le Femen, sono maturate è sicuramente pieno di insidie. Amina era stata arrestata a Kairouan, città ritenuta la capitale islamica della Tunisia, poiché aveva manifestato contro i salafiti di Ansar al Sharia, durante il loro raduno, scrivendo la parola Femen sul muro del cimitero, e per questo arrestata, con l’accusa di aver profanato un luogo sacro, accusa da cui è stata prosciolta.

 
    Il terzo evento riguarda Parigi, divenuta ormai la sede ufficiale del movimento e dell’azione più eclatante, cioè l’assalto a seni nudi a Notre Dame il 19 febbraio 2013, per festeggiare l’abdicazione di Papa Benedetto XVI considerato un omofobo. Confondendosi tra i turisti, si erano svestite mostrando le scritte ''By By Benoit'' e ''Pope no more''. Con alcuni bastoncini di legno avevano poi battuto contro le campane nuove della cattedrale, che in quei giorni erano esposte al pubblico in occasione degli 850 anni di Notre-Dame. Per le accuse di danneggiamento l’udienza è stata fissata per il 19 febbraio 2014.


    La storia di questo movimento mette in luce un aspetto particolare, e cioè che le loro azioni di disturbo deridono i sistemi di potere: sia le oligarchie, sia i regimi islamici che anche le democrazie. Il punto è che non essendoci nessun atto contro le leggi, ma semplici azioni di disturbo, qualsiasi regime attiva delle azioni giuridiche, tipo atti osceni in luogo pubblico o vandalismo... E' una sorta di messa in scena che ogni paese mette su ogni qual volta le Femen si "muovono", per poi far cadere le accuse poichè una scritta su un muro non può essere sanzionata da un tribunale come atto di vandalismo, nè tanto meno due seni nudi non possono essere sanzionati come atti osceni...

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