Un omicidio pianificato per una nuova primavera araba




E’ stata una vera e propria esecuzione quella di Tunisi. Chokri Belaïd, segretario generale del Movimento dei patrioti democratici (MOUPAD), di ispirazione marxista, alleati del Fronte popolare, in netta opposizione al governo islamista di Ennahdha, appena uscito di casa, nel quartiere El Menzah, intorno alle 8,15, è stato raggiunto da quattro colpi d’arma da fuoco, sparati a distanza ravvicinata, che hanno colpito la testa, il cuore, la nuca e la schiena.
 

Foto AP


Ma chi sono gli esecutori di questo omicidio? Per il modo in cui è stato eseguito l’agguato sembra chiaro si tratti di professionisti. Secondo l’Agenzia France Presse, l’assassino sarebbe un uomo che indossava un lungo mantello tradizionale di lana con un cappuccio. Il fratello del leader politico assassinato ha immediatamente denunciato il partito al potere come mandante, mentre il primo ministro Hamadi Jebali, si è difeso parlando di un atto terroristico contro la Tunisia. Sembra abbastanza chiaro che questo omicidio non verrà rivendicato, assumendo una dimensione di tipo intimidatoria per tutta l’opposizione di sinistra. C’è da dire che il partito di Belaïd, come tutto il Fronte popolare, sono stati oggetto negli ultimi mesi di numerosi atti di violenza da parte della fantomatica “Lega per la protezione della rivoluzione”, vicina ad Ennahdha.

Già dalle prime ore, nel momento in cui si è sparsa la notizia dell’agguato, cittadini, forze politiche e sindacali, sono andate a protestare sotto i palazzi del potere in viale Bourguiba chiedendo le dimissioni del governo, stigmatizzando le violenze degli ultimi tempi nei confronti di chi si oppone al potere islamico. Durante i funerali si preannunciano momenti di tensione poiché le forze sindacali potrebbero dichiarare lo sciopero generale.

Ma quali sono le vicende che hanno portato a questo punto la situazione in Tunisia? E come si colloca questo fatto di sangue nel quadro degli eventi relativi alle primavere arabe, a due anni dalle rivoluzioni? E ancora, esiste un rapporto con l’instabilità uscita fuori agli onori della cronaca negli ultimi mesi tra nuovi conflitti in Egitto, guerra in Mali e instabilità della regione mediorientale?





La situazione sociale in Tunisia, come del resto in Egitto, dalle defenestrazioni degli autocrati non si è mai rasserenata, soprattutto dal momento che le elezioni popolari hanno portato al potere i partiti islamisti. Se in Egitto i Fratelli musulmani hanno partecipato, insieme alle organizzazioni laiche, alla rivoluzione, la stessa cosa non si può dire per Ennahdha. Infatti dopo aver vinto le elezioni nel 2011 chi era sceso in piazza contro Ben Alì denunciò una sorta di “scippo della rivoluzione”.

Una volta al potere il partito islamico si è unito in un governo con le destre laiche del paese, appiattite sulle posizioni della maggioranza. Lentamente è cresciuto il dissenso per la “rivoluzione scippata”, anche perché nel tentativo di riscrivere la costituzione, Ennahdha ha cercato di inserire elementi della sharia, così come ha fatto Morsi in Egitto, senza però riuscirvi, almeno fino a questo momento.
 

Foto Ansa
 
 
In questo contesto le tensioni sociali sono diventate inarrestabili, sia per il dibattito parlamentare relativo ad una costituzione che tende a limitare le libertà fondamentali che per la nascita di gruppi salafiti che nelle piazze e nelle strade si sono resi artefici di atti di violenza tollerati dal potere politico, e con scarso impegno repressi dalle forze dell’ordine. Anche in questo caso i salafiti diventano protagonisti della scena, come in Mali, dove hanno territorializzato il nord del paese all’insegna della sharia, con tutte le violenze che ne sono conseguite, scalzati dalla Francia che è intervenuta col proprio esercito, relegandoli al confine con l’Algeria.

Ma allora questo atto di sangue innescherà una nuova primavera araba? E' quello che si stanno domandando tutti gli analisti del mondo...
 
 

 

 
 
 

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