LA GUERRA IN MALI TRA GLI ECHI DEL DESERTO - I parte




L’intervento militare in Mali, iniziato l’11 gennaio, con appena 750 uomini dell’aviazione francese, è l’ultimo capitolo di una vicenda, raccontata fra le righe della comunicazione giornalistica, almeno in Italia, che affonda le sue radici nella storia dei conflitti africani fra colonialismo e autocrazie. Anche se forse in questo caso c’è qualcosa di particolare: il deserto.
 
 
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E’ infatti il deserto la chiave di lettura di questo luogo, poiché abbraccia il nord, rappresentando i due terzi del paese. Dei 14 milioni di abitanti poco meno di due milioni vivono al nord, quasi tutti concentrati sulle coste del fiume Niger, che tocca le città di Konna, Timbuktù e Gao. Sopra la linea disegnata dal fiume vivono circa cinquecentomila persone, in prevalenza nomadi di origine araba e berbera, rispetto ai quali quella dei Tuareg è l’etnia più rappresentativa.


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L’area meridionale del Mali, strutturalmente urbanizzata, si estende lungo la fascia saheliana, la cui capitale Bamako rappresenta il polo urbano su cui è organizzato l'intero sistema-paese.
 

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I confini vennero definiti in epoca coloniale, dalla “madre patria” francese, stabilendo comunque una netta divisione tra centro e periferia, cioè tra sud e nord del paese. Ma questa netta differenziazione ha in qualche modo conclamato la dimensione del nord come una sorta di terra di nessuno, governata dalle popolazioni nomadi, tra traffici illeciti, rapimenti e mercenari…
 
 
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C’è da dire che le tradizioni storiche di un luogo come Timbuktu hanno indotto l’Unesco a dichiarare quella zona patrimonio dell’umanità, grazie ai suoi siti. Timbuctu venne fondata nell’XI secolo, diventando il punto d’incontro tra le popolazioni arabe e quelle africane e forse anche questa è un importante chiave di lettura del conflitto attualmente in essere. La cosiddetta città dei 333 santi, porta del Sahara, dove cammelli e piroghe si alternavano tra il deserto e il fiume Niger, crocevia degli scambi commerciali per le principali merci: oro, sale e schiavi. Qui i trafficanti arabi, africani, ebrei ed europei facevano i loro affari, in un contesto dove fiorivano centri di conoscenza e insegnamento del corano, della medicina e della matematica.
 

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A Timbuktu sorse una antica università dove appunto laicità e corano convissero dando vita ad una espressione islamica non estremizzata ma moderata, inconciliabile con la versione oltranzista della sharia, introdotta dai gruppi salafisti che controllano attualmente il territorio.



 
 
 
 
 

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