IN NOME DELLA SHARIA




Un'altra primavera araba si profila in Egitto. Ormai gli scontri si susseguono a ritmo incalzante e piazza Tahrir è ritornata ad essere il luogo simbolo delle nuove rivolte. Questa volta però il conflitto non è più tra il popolo ed il potere autocratico, ma tra due grandi blocchi sociali: da un lato vi è la maggioranza islamica rappresentata dai “Fratelli Musulmani”, dall’altro lato vi sono mondo laico e chiesa copta.
 

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Si, perché, il “colpo di mano” fatto dal presidente Morsi, con l’assalto alla divisione dei poteri, attraverso il decreto presidenziale che toglie prerogative al sistema giudiziario, insieme allo sbrigativo varo del testo costituzionale, che accoglie la situazione data ed inoltre inserisce la sharia come valore supremo, nasconde in realtà il fatto che i Fratelli Musulmani sanno di essere maggioranza nel paese. Una maggioranza schiacciante che Morsi vuole usare per il referendum indetto il 15 dicembre, quando il popolo egiziano dovrà esprimersi sulla costituzione che possiamo definire di tipo islamico. Anche se sembra che in queste ore stia cambiando idea.
 

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In questi giorni si è creata una ridefinizione dei rapporti di forza nella società egiziana, rappresentate dalle manifestazioni di piazza e dagli scontri: da un lato i manifestanti contro Morsi dall’altro quelli pro Morsi. Se durante la primavera araba contro Mubarak si erano schierate tutte le forze sociali in campo, dai fratelli Musulmani alla chiesa copta, dalle forze moderate ai liberali, oggi il discrimine è l’islamismo contro tutti, che sono minoranza nel paese.
 
 

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C’è un elemento di riflessione su quello che avviene in Egitto che permette un confronto trasversale tra alcuni paesi del nord Africa e altri sub sahariani. In Tunisia, ad esempio, luogo dove la primavera araba è nata, il partito islamista al potere, eletto dal popolo, Ennahda, sta ridefinendo i caratteri delle rivolta popolare, che portò alla defenestrazione del dittatore Ben Alì, attraverso un’altra carta costituzionale, in questo momento ancora in discussione in Assemblea Costituente, dove si sta cercando di inserire elementi della Sharia.
 

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In Nigeria e in Mali, la situazione è ancora peggiore perché questi paesi sono territorialmente divisi tra nord e sud, dove governano dai tuareg ad al-Qaeda. Qui la situazione è ancora più problematica, poiché vi sono guerre in corso tra più contendenti.
 
 

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Se guerre e potere nei paesi del sud del mondo sono strumenti per concorrere alle ricchezze, è anche vero che il rapporto tra islamismo e laicità sta per diventare il tema forte del ventunesimo secolo. Un altro muro sta per erigersi, questa volta in Medio Oriente e in Africa: il muro della sharia.
 
 

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