VECCHIE DISPUTE E NUOVI RANCORI RIACCENDONO LA “POLVERIERA” MEDIORIENTALE





Foto Ansa


In quest’ultima settimana in Medioriente vecchie dispute si sono riaperte, accompagnate da nuovi rancori, in un crescendo di giochi a scacchi di carattere diplomatico, che fanno tornare alla mente antichi fotogrammi. Ma prima di ogni cosa ci sono le vittime, prevalentemente civili, che continuano ad aumentare. Innanzitutto la stima di venti mesi di guerra civile siriana, elaborata dall'Osservatorio siriano dei diritti dell'uomo, ong degli insorti con base in Gran Bretagna: 39.112 morti dal 15 marzo 2011, di cui almeno 27.410 civili. I soldati uccisi sono 9.800, i disertori 1.359, mentre 543 morti non sono stati identificati. Il bilancio secondo la Ong non comprende le persone sparite in detenzione o uccise dalle milizie pro-regime.
 
Foto Ansa

Tra ieri e mercoledì i caduti sul campo di battaglia sono un centinaio, mentre il cuore della guerra si sposta sempre di più al confine con al Turchia, e il livello della tensione tra i due paesi si alza notevolmente. Ecco, questo è il nuovo rancore che si è sviluppato nell’ultimo anno, ma che negli ultimi giorni si è acutizzato, in seguito al colpo di mortaio lanciato dall’esercito siriano in terra turca, proprio alla frontiera, nella cittadina di Akcakale, uccidendo una donna con i suoi quattro figli, e facendo altri nove feriti. Non sono bastate le scuse di Damasco per impedire che il Premier Erdogan si facesse approvare dal Parlamento turco una mozione dove si autorizza l’uso della forza in caso di necessità, anche perché l’esercito turco rispondeva al fuoco uccidendo cinque militari siriani, ferendone altri quindici.

Foto Ansa
 

Nel frattempo la diplomazia internazionale si muoveva all’unisono per stigmatizzare il presunto attacco siriano alla Turchia. La Nato, oltre che stigmatizzare, ventilava la possibilità di far valere l’articolo 5 del proprio statuto, che prevede l’assistenza ad un paese membro minacciato. Obama chiedeva nel frattempo che tutti i paesi responsabili ponessero la questione della resa di Assad, così l'Alto rappresentante Ue per la Politica estera e la sicurezza, Chaterine Ashton, esprimeva al ministro degli Esteri turco Ahmet Davutoglu la sua solidarietà e le condoglianze per le vittime del bombardamento, chiedendo la fine delle ostilità in Siria e la resa di Assad. Il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon invitava il governo siriano a rispettare pienamente l'integrità territoriale dei Paesi vicini, e a «porre fine alla violenza contro la popolazione». E Assad cosa faceva? Annunciava per “tranquillizzare” la Comunità internazionale, un’inchiesta interna per scoprire i responsabili dell’accaduto. Qualche giorno dopo la Turchia e la Francia riconoscono ufficialmente la coalizione dell’opposizione siriana in esilio, come unico rappresentante del popolo.


Foto Ansa
 

Ma ecco che si ripresenta lo spettro di un vecchio rancore che ricorda il Kippur. Il conflitto siriano si sposta sulle alture del Golan, nell’area demilitarizzata proprio al confine con Israele, il bilancio delle vittime è stato di trenta morti tra ribelli e lealisti. Il vice-premier israeliano Moshe Yalon si premurava a minacciare la Siria di essere pronta a difendere militarmente la propria sovranità territoriale.

 
Foto Ansa
 

Ma lo spettro molto più terribile riguarda proprio la ripresa delle ostilità tra Israele e l’Autorità Nazionale Palestinese, con due immagini forti: la prima riguarda la martoriata striscia di Gaza con i razzi che arrivano in mezzo alla popolazione, la seconda e l’allarme a Tel Aviv, con la riapertura dei rifugi per la popolazione, cosa che non avveniva dalla prima guerra del Golfo, nel ’91.  Un evento come questo può preannunciare che la guerra è davvero ripresa. Anche perché se gli Stati Uniti, si schierano con Israele ma chiedono all’Egitto di intervenire per mettere fine al conflitto, e quest’ultimo dichiara che gli attacchi su Gaza sono da considerare un’aggressione, significa che la situazione si è già impantanata. In tutto questo in Israele in gennaio ci sono le elezioni politiche che la destra si appresta ad affrontare con difficoltà rispetto al consenso popolare, e una guerra potrebbe rimettere al proprio posto le cose, almeno a sentire le analisi di qualche osservatore…
 



 

 

Commenti