Le distorsioni del racconto giornalistico sulla guerra di Gaza



 
Foto Ansa

Se la verità è la mission di ogni giornalista, almeno nella sua dimensione originaria, nel nostro tempo sappiamo che sono tante le variabili che intralciano il racconto giornalistico attraverso la mistificazione della realtà.

Raccontare una guerra, dal punto di vista giornalistico, è sicuramente una delle ambientazioni più entusiasmanti poiché, allo stesso modo dei meccanismi narrativi della fiction, i fatti da raccontare funzionano da modello esplicativo del mondo sociale. Paradossalmente potremmo dire che la guerra è bella da vedere, cinematograficamente parlando, ma è anche bella da raccontare, se però vengono utilizzati proprio quei paradigmi narrativi legati alla fiction, che servono da esplicazione della realtà: coraggio, suspence, forza, eroismo, passione, sacrificio, ma soprattutto vittoria del bene e sconfitta del male.  

Il caso della recente guerra di Gaza ne è solo l’ultimo esempio. A portalo all’attenzione è stata la corrispondente di Al Jazeera in Medio Oriente, Sherine Tadros, in un articolo apparso sul quotidiano on line “The Huffington Post”.



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L’analisi della giornalista individua due paradigmi massmediologici interessanti: la neutralizzazione dei fatti e la de-contestualizzazione. E’ un fatto che l’esercito israeliano sia di gran lunga più potente di quello palestinese, infatti i numeri ci dicono che gli israeliani uccisi dagli attacchi provenienti dalla striscia di Gaza, dal 13 al 21 novembre sono 5, mentre, nello stesso periodo di riferimento,  i palestinesi uccisi dagli israeliani sono stati 154, di cui 22 sotto i 15 anni. La Tadros racconta di una sua collega corrispondente televisiva, mentre era nel centro di Gaza, in collegamento con lo studio. "Le forze di terra israeliane   circondavano la striscia, le navi da guerra accerchiavano la costa e i droni e gli F12 pattugliavano i cieli". La giornalista anziché raccontare quello che stava vedendo, cioè l’assedio di un esercito potente nei confronti di un territorio vulnerabile, diceva: “l’assedio israeliano di Gaza, come lo chiamano i palestinesi”… Neutralizzare i fatti significa non rischiare di apparire dalla parte dei più deboli, ma questo non porta a raccontare la verità.


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Vediamo invece il tema della de-contestualizzazione: “Una casa in cui vivono dieci persone compresi bambini, donne e anziani viene colpita da un missile. All’inizio c’è una reazione indignata, ma poi l’esercito israeliano rende noto che l’obiettivo era un esponente di Hamas. Di colpo la notizia è raccontata in un altro modo. Il particolare dell’esponente di Hamas è incluso in tutti i servizi senza discutere né contestualizzare: ora è tutto a posto, perché prima l’avvenimento era troppo sbilanciato”.

Noi aggiungiamo che la vittoria del bene sul male supera qualsiasi tipo di sacrificio, come in ogni racconto eroico…

 
 


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