UGANDA: E' INIZIATA LA RIVOLTA





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Il vento della rivolta inizia a scendere verso la parte centrorientale del continente africano. Negli ultimi dieci giorni le strade di Kampala, capitale dell’Uganda, sono state attraversate da un grande movimento di protesta contro il neoeletto Presidente Yoweri Museveni, al potere da venticinque anni. Il bilancio degli scontri non è univoco tra le fonti d’informazione: comunque sembra ci siano 4 morti, 150 feriti e un centinaio di arresti, tra cui i maggiori esponenti dell’opposizione, compreso lo sfidante alle ultime elezioni di febbraio Kizza Besigye, principale avversario del Presidente ugandese.


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Gli eventi stanno precipitando ora dopo ora, ed il livello di tensione nel paese è sempre più alto. Il culmine, fino a questo momento, è stato raggiunto lunedi scorso, giorno in cui è stata indetta una manifestazione nella capitale con un titolo estremamente indicativo: “Walk to Work”, per affermare il diritto al lavoro e alla sicurezza economica, dimensioni assolutamente precarie a causa di un sistema di potere autocratico, che calpesta i più elementari diritti. Dai sobborghi della città migliaia di persone si sono dirette verso il centro. Nel frattempo le forze antisommossa del governo si sono concentrate sugli accessi strategici della città, dove sono esplosi i tafferugli, con scontri, lacrimogeni e sparatorie contro i manifestanti. Besigye, leader del "Forum for Democratic Change", ormai consacrato simbolo dell'opposizione, è stato bloccato prima che potesse arrivare sul punto di concentramento dei manifestanti. Alcuni testimoni hanno dichiarato che ha a resistito all'arresto almeno un'ora, sedendosi in mezzo ad una strada del sobborgo di Kasangati. Quando la polizia è riuscita a portarlo via, una folla inferocita si è radunata presso la centrale del suddetto sobborgo per protestare. Il leader politico veniva rilasciato dopo qualche ora, in seguito al pagamento di una cauzione. L'aspetto tragicamente ironico è che l'esponente politico nel giro di due settimane è stato arrestato per ben tre volte, l'ultima proprio ieri, con l'accusa di istigazione alla violenza.


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I motivi che hanno generato l'escalation di proteste sono legati al dissestato assetto socio-economico del paese, direttamente proporzionale alla gestione di un sistema di potere autocratico, violento e corrotto, nel contesto di una trentennale guerra di tipo tribale. Ma andiamo per ordine. Vediamo alcuni dati di fondo. In Uganda vi è una popolazione urbana che copre il 12,2 per cento, un livello di alfabetizzazione del 68,9 per cento, una mortalità infantile all'8,8 per cento, mentre l'aspettativa di vita è di 42 anni e l'indice di sviluppo umano posiziona il paese al 146eiesimo posto su 177.


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Dalla metà degli anni ottanta fino ad oggi, nel nord del paese, nella parte confinante tra il Sudan e la RD Congo, si combatta una guerra terrificante, con i guerriglieri del LRA (Lord Resistance Army) capeggiati da un uomo spietato dal nome Joseph Kony, una sorta di fondametalista cristiano. Costui, col suo esercito irregolare, per finanziare e sviluppare il suo sistema bellico utilizza sempre lo stesso diabolico approccio, cioè quello di entrare nei villaggi, saccheggiarli e raderli al suolo. Poi prende con se le bambine anche sotto i dieci anni, per farne concubine o schiave del sesso, mentre i bambini li aruola come guerrieri. Non solo ma li costringe ad uccidere i propri genitori con mazze e bastoni, per non sprecare le pallottole. I rapporti di "Human Right Watch" riportano gli sconvolgenti dati degli ultimi due anni, considerato che questo esercito agisce oltre che in Uganda anche in Congo, Sudan e nella Repubblica Centroafricana.


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Negli ultimi mesi, in Uganda, una inflazione galoppante ha espulso migliaia di persone da un mercato del lavoro fisiologicamente dissestato, aumentando il livello d'impoverimento del paese. Uno spaventoso rialzo del petrolio ha fatto impennare i prezzi dei prodotti alimentari di prima necessità. Se poi a ciò si aggiungono i due milioni di dollari stanziati per la festa legata alla cerimonia di giuramento del Presidente, che segnerà l'inizio del nuovo mandato, tra l'altro ottenuto con evidenti brogli elettorali, come ormai Yoweri Museveni fa da venticinque, si chiude il cerchio dell'esasperazione popolare che sta portando il paese centro africano ad una nuova rivoluzione.





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