RAS JADIR: UNA STORIA DA RACCONTARE

foto ANSA

Migliaia di tende bianche messe in fila a schiera sembrano, viste dall'alto, serre per coltivare ortaggi, ma lì, nel campo di Ras Jadir, al confine tra la Libia e la Tunisia, riparano centinaia di migliaia di esseri umani che scappano dalla follia omicida di un despota che ha deciso di restare al potere a tutti i costi. Qualche giorno fa, nell'ospedale da campo messo a disposizione dal Marocco, è nata Miriama, figlia di una coppia di rifugiati somali: sta bene e nella violenza di questi giorni quei due genitori sono l'espressione della vita in un contesto di morte e distruzione.


foto blog panorama.it

Perché da lì continuano a passare migliaia di persone di varie nazionalità che per anni si sono trovati a vivere in Libia: egiziani, bengalesi, cinesi, indiani, e vari gruppi provenienti dall'Africa sub sahariana, molti di loro scambiati per mercenari assoldati da Gheddafi, perché di pelle nera. Già, i mercenari, che hanno spogliato di tutti i loro averi questa gente in fuga, dal denaro ai cellulari, ma a questi è andata bene, perché molti sono stati reclutati forzatamente dall'esercito irregolare di Gheddafi per combattere.


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Poi, ci sono i rifugiati politici, che hanno ricevuto la protezione internazionale dall'ufficio delle Nazioni Unite in Libia. I rifugiati eritrei, ad esempio, hanno raccontato che, non potendo rivolgersi all'ambasciata del loro paese da cui sono fuggiti, hanno preferito rischiare la vita precipitandosi al confine tunisino che nascondersi in Libia.


foto euronews.net

Il campo messo su dalla mezza luna rossa, dalla croce rossa e dall'UNHCR, è stato sostenuto da uno straordinario tam tam di solidarietà del popolo tunisino, e di tutti quei giovani che hanno innescato la rivoluzione che ha defenestrato Ben Alì. Mentre in Italia si prefiguravano scenari apocalittici sull'invasione italiana dalle coste africane, mentre si lasciava Lampedusa come unico approdo occidentale, generando il caos e perdendo tempo prezioso, quei giovani, da cui tutto è nato, si prodigavano trasportando in quel campo viveri e coperte. Forse questa è una piccola storia, ma nel contesto del terrorismo culturale dei molti che oggi parlano di paura islamica e di manipolazione delle rivoluzioni da parte dei fondamentalisti, quella di Ras Jadir è una storia da raccontare...




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